Voci da Israele: “Amo questo Paese, c’è lavoro e le donne sono emancipate”

by Veronica Crocitti

La Rubrica “Italiani all’Estero” sbarca ad Israele, culla di religioni, culture e contrasti. Impariamo a conoscere questa terra insieme alla testimonianza di Cristiano Veneziano, un italiano emigrato da ben 13 anni.

CRISTIANO VENEZIANO. Ho 46 anni e sono di Siracusa, ho un diploma di laurea in industrial design e vivo in Israele da circa13 anni. Questa non è esattamente la mia prima esperienza all’estero anche se sicuramente è la più significativa. La mia prima volta in Israele risale al 1996, quando decisi di fare volontariato in kibbutz per 4 mesi. Un’esperienza che consiglio a tutti i giovani perché ti permette di conoscere la vita di Kibbutz, di toccare con mano una realtà totalmente diversa dalla nostra e di conoscere altri giovani volontari di altri Paesi.

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In Israele ci sono arrivato anche grazie al legame di amicizia con alcuni miei colleghi di università conosciuti durante gli studi a Roma. E’ lì che, per la prima volta, ho ascoltato l’antica lingua dei Padri rinata dalle ceneri dell’oblio grazie all’ostinato sogno del suo padre fondatore, il visionario Eliezer Ben Yehuda. Sono stato come rapito da questo antico suono millenario rinato che ti ammalia, da questi suoni gutturali, anche aspri, che ti rimandano ad un mondo antico oramai scomparso. Ma ciò che più di tutto ha condizionato la scelte di vivere in questo meraviglioso Paese è stato l’aver accompagnato, per le sue cure, mia moglie israeliana conosciuta a Roma.

Purtroppo, con mio grande dolore, lei è venuta a mancare nel 2006, ma io ormai avevo capito che il mio destino era qui e che Israele avrebbe segnato la mia vita, nel bene e nel male. Nonostante la sua malattia, mia moglie mi ha aiutato tantissimo a inserirmi. Erano ormai lontani i ricordi del volontario e tra le priorità c’era quella di imparare questa lingua tanta arcaica quanto ostica, ma indubbiamente affascinante. E cosi i primi corsi di ebraico mi hanno messo in contatto con la cultura e le antiche tradizioni (anche religiose) di questo grande popolo; la mia insegnante ci diceva sempre che la lingua è lo specchio di una popolazione.

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Oggi ho una nuova vita, mi sono risposato e il destino ha voluto che iniziassi come da principio, da un Kibbutz, Shefayim, il Kibbutz della mia nuova compagna. Non potrò mai scordare una delle prime volte in cui, già frequentando la mia futura moglie, qualcuno in maniere impertinente si rivolgeva a me apostrofandomi “Le mi ata shyiayiach?” letteralmente “A chi appartieni?”, come a sottolineare la chiusura e la diffidenza delle piccole comunità di kibbutzim. Ma ben presto sono stato accettato e, a pieno titolo, mi sono integrato con la comunità….”l’italiano di Shefayim”.
Sono un libero professionista, massoterapista che, attraverso le tecniche del massaggio olistico svedese e del deep tissue, riattivo il corpo e l’anima dei miei pazienti. Lavoro anche in un centro termale vicino casa appartenente al kibbutz vicino. Riesco sempre a ritagliarmi dello spazio per coltivare la mia grande passione che è l’arte, in particolare scultura in ceramica e pittura ad olio (ho anche tenuto alcuni corsi di scultura e realizzato delle mostre a Tel Aviv, Gerusalemme, Acco). Sono molto realizzato perché posso dire che faccio ciò che amo!

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Qui il costo della vita negli ultimi anni si è di molto alzato: due stipendi per famiglia sono indispensabili se ti vuoi permettere qualche piccolo svago (diciamo che una famiglia che porta a casa 3000 euro è considerata di fascia medio bassa). La donna lavora nella maggior parte dei casi, è molto emancipata e indipendente ma ama la famiglia e l’istinto di maternità spesso si scontra con la voglia di carriera professionale.
In media, una famiglia ha tre figli. Tutto ciò che è importato è carissimo (ad esempio le macchine sono tutte importate perché Israele non ha una propria industria automobilistica e i prezzi sono alle stelle: la stessa vettura comprata in Italia ti costa la metà o meno). E’ per questo che molte famiglie non riescono a mettere nulla da parte e sono costrette a lavorare ore extra o doppi o tripli turni (qui c’è molta flessibilità e mobilità nel modo del lavoro). Sicuramente non c’è un’alta percentuale di disoccupazione e in generale si trova facilmente occupazione anche se, per certi lavori generici, gli stipendi non sono livellati con il costo della vita. Quando ti specializzi o ottieni un altissimo livello professionale, però, intravedi una grande gratificazione economica. Il settore dell’ Hi-Tech è sicuramente molto trainante, così come tutto il mondo delle start-up.

Cosa mi manca dell’Italia? Tanto ovviamente, ma tra tutte le cose sicuramente il cinema, che amo tantissimo. In Israele tutti i film esteri non sono doppiati ma solo sottotitolati e, visto che l’inglese non è il mio forte, mi resta o l’ebraico o l’italiano (spesso proiettano rassegne di ottimo cinema italiano). Al momento vedo la mia vita qui, dove ho famiglia e un lavoro che mi aspettano.

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