Dall’Australia all’Iran, una vita sempre in viaggio

by Veronica Crocitti

La rubrica “Italiani all’Estero”, questa volta, ha deciso di dar voce alla storia di Emanuela Scarsato e al suo “spirito avventuriero”. Ecco la testimonianza di una vita spesa viaggiando, senza meta, alla scoperta di colori, sapori, esperienze sempre vive e nuove.

EMANUELA SCARSATO. Sono originaria della provincia di Vicenza e ho 34 anni. Sono partita dall’Italia nell’agosto del 2014, con l’idea di lasciare il mio lavoro, la mia famiglia e i miei amici soltanto temporaneamente, perché per anni avevo coltivato il sogno di tornare nella terra DownUnder come una comune cittadina, e non più come turista. Volevo provare l'”ebrezza” di vivere all’estero in un Paese che mi ha sempre affascinato (e di cui ho cittadinanza), consapevole (e poco speranzosa) che dopo tale esperienza non sarei riuscita a viaggiare più di tanto, dato che la mia professione di Medico Veterinario in Italia non è delle più soddisfacenti dal punto di vista economico, e di certo richiede molto impegno e tempo.

Perciò, prima di partire, ho trovato un lavoro inerente al mio settore all’Università di Melbourne per la durata di 6 mesi, ho preparato le valigie con qualche vestito (neanche i più belli, “tanto è solo per 6 mesi”!), ho salutato tutti e ho preso l’aereo. O forse dovrei dire “ho preso il volo”, letteralmente, da tutti i punti di vista. Perché una volta lì, ho provato quel senso di libertà estrema che pervade chi si trova nella situazione di poter cominciare una nuova vita da zero e plasmarla a suo piacimento, ma allo stesso tempo lasciandola scorrere spontaneamente e osservarla per capire che cosa può riservare. Così ho fatto io. E questo approccio mi ha portato a vivere al 100%: a sciogliere la timidezza e approcciare persone nuove attraverso canali diversi, a partire il venerdì sera e tornare cotta la domenica sera dopo un weekend all’insegna del trekking e del campeggio, a imparare ad usare la fantasia in cucina e provare sapori nuovi ad ogni ricetta, ad innamorarmi ed accettare gli allontanamenti, a scoprire che puoi trovare una famiglia anche dall’altra parte del mondo grazie a persone speciali chiamate Amici con cui vuoi condividere semplicemente la gioia di vivere. Oltretutto il lavoro che mi è stato offerto è stato un divertimento per me, grazie ad un ambiente stimolante e colleghi pazienti. Fischiettare sulla strada verso il posto di lavoro il mattino non è cosa comune, no?

Così i 6 mesi iniziali si sono estesi, e alla fine quasi 2 anni sono letteralmente volati, e i tempi erano maturi per un mio ritorno in patria a riabbracciare i miei adorati genitori e il mio dolcissimo nonno che ogni giorno chiedeva di me. A giugno 2016 ho quindi lasciato di nuovo tutto per partire per un altro viaggio, quello di ritorno. Un ritorno stavolta davvero temporaneo però, perché apparentemente il percorso in Australia si è rivelato essere la “strada maestra” da seguire. Questo lo capisci quando tutte le coincidenze, i segni, gli incontri incominciano ad avere un senso logico. Ma soprattutto lo capisci quando non passa giorno senza essere felice. La felicità è il mio metro di misura.

Così ho deciso di tornare a casa per il momento più magico dell’anno: il Natale. Il Natale per me significa condividere tante prelibatezze con le persone a cui voglio bene, passeggiare lungo i viali illuminati dalle decorazioni natalizie, ascoltare le canzoni di Bublè non solo nei negozi ma anche in casa (perché le canzoni natalizie non sono mai abbastanza!). Ma prendere l’aereo ed arrivare a casa entro 24 ore è troppo scontato per me, per il mio spirito avventuriero che ho lasciato venire a galla. Così ho deciso di concedergli qualche mese per nutrirlo, attraverso la scoperta delle culture di paesi del Sudest Asiatico, del Medio Oriente e dell’Asia Centrale. Senza piani, senza programmi. Ho viaggiato via terra quando possibile, dal Laos alla Georgia, attraverso bus scomodissimi o treni ultramoderni, o facendo l’autostop.  Ho dormito nelle stazioni e su morbidi tappeti persiani. Ho assaggiato piatti diversi, perché voglio scoprire anche il mondo dei sapori. Ho imparato parole straniere, scelta spesso necessaria per comunicare con i locali. Ho coltivato nuove amicizie, quelle che nascono a caso entrando in un negozio, o dopo giorni passati assieme a condividere pensieri. Intanto i giorni passavano, a volte non facendo nulla, altre volte camminando fino a non sentire più le gambe. Ho interagito con tutti gli animali che incontravo, dai gatti cittadini agli yak in mezzo alle montagne: alcuni ricambiavano le coccole, altri mi respingevano pericolosamente (sono stata caricata da un toro!).  Ho incontrato viaggiatori partiti per avventure meravigliose, partiti dall’altra parte del mondo a piedi o in bicicletta! Sono stata fermata dalla Polizia, e un’altra volta sono stata derubata. Ma come ho detto all’inizio, se lasci scorrere gli eventi e aspetti di vedere “cosa succede dopo”, spesso comprendi che ciò che accade è la situazione migliore che potrebbe capitare. Così mi piace pensarla. E alla fine, dopo 2 anni, 3 mesi e 4 giorni, sono arrivata a Casa, con gran sorpresa di tutti. Ho suonato il campanello una sera, e sono entrata nel posto dove per me il tempo si è fermato ad aspettarmi.

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