La Lapponia è la terra di Babbo Natale. Vi racconto il mio viaggio surreale ai confini del Circolo Polare Artico.
La prima volta che ho messo piede in Finlandia, non potrò mai dimenticarlo, il termometro segnava -30 gradi. Era Natale, nevicava in ogni dove e le giornate duravano sì e no quattro ore. Albeggiava alle 11, tramontava alle 14 e tutto era un continuo rincorrersi di luci fievole e bui tenebrosi. La Lapponia mi affascinava da sempre. Lei, con le sue storie ed i suoi paesaggi bianchissimi, era sempre stato uno di quei sogni messi nel cassetto nell’infanzia e mai dimenticati negli anni a venire. Tutti i bambini vogliono incontrare Babbo Natale, vogliono toccare con mano la pomposa slitta, guidare le renne, scambiare due chiacchiere con gli elfi, andare a vedere dove finiscono quelle letterine che, ogni dicembre, puntuali e rigorose come un orologio svizzero, vengono inviate nella certezza di ricevere poi un regalo da scartare sotto l’albero. Anche la bambina che è in me voleva incontrare Babbo Natale, sebbene i miei quasi trent’anni continuassero a ripetere che era soltanto una favola, bellissima sì, ma pur sempre una favola. Eppure lei, quell’esserino mai cresciuto che si cela vivido nel mio cuore, sapeva che prima o poi sarebbe accaduto. Mi ritrovai a prenotare un volo per Rovaniemi senza neanche sapere bene a cosa stessi andando incontro. Io, siciliana doc, abituata a vivere ad una temperatura media di 25 gradi, circondata da sole e spiagge in tutte le stagioni, non ero davvero preparata ad affrontare la Lapponia. Me ne resi conto solo dopo.
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Innanzitutto mi mancava l’abbigliamento adatto. Quando per te il freddo è quello percepito a 15 gradi, non riesci neanche a comprendere come possano esistere luoghi in cui si vive a temperature di gran lunga minori. Non lo realizzi neanche, come se il tuo cervello rifiutasse di crederci. E difatti fu così. Quando mi dissero che avrei potuto prendere tutto il materiale termico in loco, decisi di non preoccuparmi più di tanto. Qualche felpa di pile ce l’avevo, la giacca imbottita pure, le calze di lana anche. Insomma, per quanto mi riguardava ero sistematissima. Il fatto che, in Sicilia, anche le giacche imbottite non siano vere giacche imbottite perché tanto fa caldo e quindi non nessuno ha bisogno di coprirsi eccessivamente…beh, quello lo capii dopo. Partii all’arrembaggio. Nulla mi importava se non la certezza che avrei visto il mio Babbo Natale e, se ero fortunata, anche la mitica Aurora Boreale. Il freddo non lo percepii neanche quando arrivai all’aeroporto di Rovaniemi. Ricordo che per un attimo fui addirittura soddisfatta del mio abbigliamento, quasi quasi non avrei neanche avuto bisogno di prendere quello termico. Arrivata in hotel, la situazione fu addirittura migliore. Sentivo caldo. Incredibile, ero in Lapponia, nel cuore nel Polo Nord, e sentivo caldo! Il mattino dopo sarei partita per il Villaggio di Babbo Natale in Lapponia e sarei rimasta lì un’intera giornata. Ero così emozionata. Decisi di andare a prendere l’abbigliamento termico, alla fine poteva sempre servirmi. Uscita dalla hall tutto mi sembrò abbastanza normale. Ero circondata da bianco e luci natalizie, l’atmosfera era bellissima. Con il cuore scoppiettante di gioia, iniziai a colmare quei circa 300 metri che mi separavano dal negozio in cui avrei dovuto prendere il materiale. I primi 20 metri andarono benissimo, tant’ero ancora inebriata dal calore dell’hotel e dall’emozione. Al ventunesimo metro iniziai ad avvertire il freddo. Al trentesimo le mani si erano letteralmente congelate. Al quarantesimo i piedi erano quasi immobili. Al cinquantesimo avvertii un senso di ghiaccio nelle ossa. Al sessantesimo iniziai a correre. Furono i 300 metri più lunghi della mia vita.
Neanche correre servì a molto. Quando arrivai alla porta del negozio, iniziai a urlare per farmi aprire. Ero sulla via dell’ibernazione e, se qualcuno non avesse spalancato quella porta immediatamente, ci sarei arrivata di lì a poco. Ritornare in un luogo chiuso mi sembrò una delle cose più belle della mia vita. Ci vollero circa 20 minuti prima che ritrovassi il coraggio di muovermi. Il corpo si rifiutava anche di pensare. Presi quell’abbigliamento termico come un affamato afferra la sua porzione di cibo, dopo giorni di digiuno. Mi feci dare due paia di calze, due paia di guanti, due sciarpe e due cappellini, più la tuta e gli stivali. Era una questione di sopravvivenza. Misi tutto su e mi riavviai verso l’hotel. Oggi posso dire con certezza che, nonostante fossi imbottita come un uovo e tra la mia pelle e l’esterno ci fossero almeno 20 centimetri di isolamento termico, a quel freddo non mi abituai mai. La mattina dopo aprii gli occhi alle 8 domandandomi come mai le luci dell’alba non mi avessero svegliato prima. Poi realizzai che l’alba sarebbe arrivata soltanto alle 11 e così mi imbottii di sciarpe e sciarpine e iniziai la mia avventura in Lapponia.
Le emozioni vissute durante quei giorni spensierati non abbandoneranno mai la mia mente, il mio cuore e i miei ricordi. Al Villaggio di Santa Claus rimasi una giornata intera, senza mai stancarmi di osservare quei posti sotto qualsiasi luce. Mi ritrovai a fotografare la linea del Circolo Polare Artico all’alba, al tramonto, in piena notte, con le luci soffuse. Vidi le renne, i cani husky, l’Ufficio Postale dove sono raccolte le migliaia e migliaia di letterine inviate dai bambini di tutte le parti del mondo. Assaggiai la cioccolata finlandese accompagnata dai tipici biscottini al latte, mi persi nei meandri del bosco innevato, salii su una slitta di husky, vidi un museo di ghiaccio. Ma ciò che non potrò mai dimenticare fu l’istante in cui mi ritrovai dinnanzi a lui, quell’omone vestito di rosso con la barba lunga lunga, sogno e delizia della mia infanzia. La fila per incontrare Babbo Natale fu lunghissima. C’erano grandi e piccini, uomini e donne, giapponesi, inglesi, messicani. E tutti avevano negli occhi la stessa luce. Quando finalmente fu il mio turno, mi diedi una sistemata ed entrai nella stanza. Lui era lì, seduto e sorridente, così come lo avevo sempre immaginato. Gli andai incontro e lo abbracciai. La lacrimuccia scese incontrollata. Gli dissi che era un sogno incontrarlo, che aspettavo quel momento da una vita intera. Lui mi sorrise e ricambiò il mio abbraccio.
Sapevo che la Lapponia di Babbo Natale e la Finlandia erano tanto e tanto altro ancora, ma il primo pensiero non poteva che essere quello per Babbo Natale. Una volta realizzato il sogno, continuai la scoperta di questa terra straordinaria. Mentre passeggiavo tra i negozietti di souvenir, lessi un cartello che attirò subito la mia attenzione: “Stasera andiamo a caccia di aurore boreali nel cuore della foresta”. Mi prenotai immediatamente. La sera vennero a prendermi in albergo, con una macchina un po’ sgangherata ma che seppe fare tranquillamente il suo lavoro. Arrivammo, dopo qualche ora di strada, in un mega spiazzo. La notte era nerissima, il cielo sublime. Rimasi incantata da quella vista, al confine tra l’irreale e il surreale. Se alzavo la mano potevo toccare le stelle, tanto erano vicine. Pian piano mi resi conto che non ero sola. C’erano tante altre persone che, come me, erano rimaste a faccia in su ad osservare quella meraviglia. Accanto, in una piccola tenda di legno, qualcuno aveva acceso un fuoco ed iniziato ad arrostire le salsicce. Fu una notte magica. Rimanemmo a guardare le stelle e mangiare salsicce attorno al fuoco fino all’alba, pregando perché la luce verde di cui tutti avevamo sempre sentito parlare si manifestasse dinnanzi a noi, all’improvviso. E così fu. Prima un raggio debole, poi più nitido, sempre più nitido, finché il cielo non iniziò a riempirsi di un colore acceso. Anche lì riuscii a piangere.
Il giorno dopo decisi che era giunto il momento di fare qualcosa di più attivo e così mi prenotai per un bel giro di quattro ore in motoslitta. Realizzai che fu una mossa azzardata soltanto dopo, quando mi misero in sella e mi dissero: “Bene, adesso puoi andare”. In realtà quando avevo letto “safari in motoslitta” non immaginavo certo che la motoslitta l’avrei dovuta guidare io, da sola, in mezzo a laghi ghiacciati e foreste innevate. Per un attimo fui presa dal panico. Mi diedero due dritte su come utilizzare quell’inutile manubrio e mi lasciarono esplorare. Iniziai ad accelerare col timore che il ghiaccio sotto, prima o poi, si sarebbe spaccato e io avrei fatto una fine bruttissima. I primi 10 minuti furono terribili. Cercavo di cambiare direzione muovendo lo sterzo ma non mi rendevo conto che non serviva a nulla se non a sfiancarmi le braccia. A guidare la motoslitta ci pensano gli scii e, per quanto tu creda di avere il potere su di essi, non lo avrai mai. Gli scii vanno dove vogliono andare, sono autonomi, fanno un viaggio a sé. Tu puoi solo rilassarti e godere della bellezza che ti scivola attorno. Una volta che realizzi questo, è fatta. Al quindicesimo minuto iniziai a rilassarmi, sfrecciavo sul ghiaccio che era una bellezza. Passai le successive tre ore a bearmi del paesaggio innevato, degli alberi ricoperti di bianco, del silenzio della natura, del buio che calava possente laddove tutto prima era luce. Soltanto il freddo, ogni tanto, tornava a ricordarmi dove ero e cosa stavo facendo. La neve fresca investiva il mio viso che, poco a poco, andava adattandosi a quelle temperature mai conosciute prima e, per un attimo, mi sembrò davvero di esser diventata parte di quel tutt’uno maestoso.
Pescare con un finlandese, in un lago ghiacciato e con una canna precaria, fu un’altra delle esperienze più magiche della mia vita, così come ritrovarmi a vagare in un hotel fatto completamente di ghiaccio. Passavo di corridoio in corridoio, di suite in suite, di ristorante in ristorante, domandandomi quale folle potesse mai ritrovarsi a pagare (pagare!) centinaia e centinaia di euro per trascorrere una notte su un letto di ghiaccio. “Ma ci sono le coperte termiche”, fu la risposta della guida. Non mi convinse. Quella sera tornai in hotel contenta di aver scelto un posto dove conoscessero l’esistenza dei termosifoni a palla. Era come se, ogni notte, il corpo ritrovasse la sua temperatura ideale e si rigenerasse, pronto per iniziare un nuovo e gelato giorno. Una mattina decisi di andare alla scoperta di Rovaniemi e dintorni. Quella volta non fu tanto il freddo a paralizzarmi bensì la vista di una decina di finlandesi in bicicletta e maniche corte. Non sapevo se ridere o piangere, nel dubbio mi rimisi il cappello di lana e proseguii. Visitai una delle più belle librerie del Nord, mi persi nel museo Arktitum, scovai il Mc Donald’s più a nord del mondo e, infine, scoprii che nel Museo di Arte Moderna di Rovaniemi sono custodite le opere di alcuni artisti italiani.
La Lapponia, questa meravigliosa terra di Babbo Natale, rimarrà nel mio cuore per sempre e, seppur non dimenticherò mai il suo freddo, potrò dire di averla vissuta in tutto il suo gelido splendore, in tutto il suo verde bagliore, in tutto il suo bianco candore…